«Siamo in una nuova era». Esordiva così un articolo della prestigiosa Harvard Business Review pubblicato nel 2011 e intitolato The For benefit enterprise. L’articolo teorizzava la nascita di un «quarto settore» che andasse oltre pubblico, profit e non profit: il capitalismo del futuro che avrebbe unito profitto e benefici per la società e l’ambiente. Cinque anni prima la Rockefeller Foundation aveva stanziato 10 milioni di euro per capire come fosse possibile misurare se un’impresa generasse più o meno valore complessivo – economico, sociale e ambientale – di quanto ne prendesse. Nessuno prima era in grado di misurare se un’azienda peggiorasse o migliorasse il mondo, oltre a fare profitto. Di lì a poco sarebbe nato un movimento di imprese, prima concentrate soprattutto negli Stati americani del Maryland e della California, subito dopo in Italia e oggi diffuso in 74 nazioni, che misurano con un apposito indice come ciò sia possibile; un ente internazionale non profit – chiamato B Lab – lo certifica. Ottenere questa certificazione è sfidante, ma permette di diventare «B Corp»: ne esistono quasi 4000 nel mondo, 121 in Italia.La prima in Europa è stata l’italiana Nativa. I suoi fondatori Paolo Di Cesare e Eric Ezechieli hanno portato questa realtà in Europa e in Italia. La loro azienda, nata per offrire consulenza strategica d’impresa nell’ambito dell’innovazione sostenibile, ha anche guidato decine di imprese nei loro percorsi verso B Corp.
Motori di cambiamento
«È un vero e proprio movimento – spiega Ezechieli – di imprenditori uniti per accelerare un cambiamento nella società e rivoluzionare i paradigmi di business, mettendo insieme le performance economiche con quelle ambientali e sociali. Ci sembrava sbagliato sia negare il profitto sia volerlo raggiungere a tutti i costi, volevamo prendere il modello del non profit e unirlo alle capacità di business del profit». «È stata la prima volta nella storia – aggiunge Di Cesare – che un movimento di imprenditori ha spinto affinché venissero fatte leggi che riconoscessero chi faceva profitti senza andare a discapito dell’ambiente, della società, dei lavoratori. Rigenerando e migliorando il mondo. La prima cosa che abbiamo fatto è stata quella di promuovere B Lab, l’ente certificatore, in Europa, portando la sede ad Amsterdam e divenendo noi “Country partner” per l’Italia».
B Lab propone un questionario gratuito online con il quale ciascuna azienda può iniziare a misurare il proprio status in questa prospettiva, immettendo i propri dati e gli input produttivi come capitali, materie prime, ore lavoro. Quando vengono raggiunti almeno 80 punti su 200, significa che si genera più valore di quanto ne si consumi. «Nel mondo 4mila aziende superano la soglia di eccellenza – aggiunge Di Cesare – ma sono più di 140mila quelle che si misurano e farlo significa accettare la sfida di migliorarsi, iniziando una strada nuova, ripida, ma inevitabile: perché senza l’inclusione come principio guida, a lungo termine non si prospera nemmeno».
La legge
Le 121 aziende italiane che hanno ottenuto la certificazione hanno apportato molti nuovi modelli e settori al movimento delle B Corp, dimostrando come sia possibile un’economia rigenerativa anche in campi apparentemente lontani dalla sostenibilità. «L’effetto non è solo per l’azienda – aggiunge Ezechieli -, ma per il mercato. Perché in questo modo si ridefiniscono le regole del gioco: quando un’impresa arriva agli standard di eccellenza fissa una nuova asticella e dimostra che è possibile ottenere una performance a quel livello. Tutte le B Corp sono anche Società Benefit secondo la legge introdotta in Italia dal 2016, ma non vale il contrario. Ottenere la certificazione è uno step in più. Le Società Benefit come definite dalla legge italiana vanno nella direzione giusta in quanto si impegnano a misurarsi, ma non hanno standard così stringenti da soddisfare». E i controlli sul mantenimento dei requisiti? Sono previsti ogni tre anni con una revisione della certificazione affidata a esperti che B Lab manda nelle varie realtà che avevano ottenuto il »marchio».
Il record 2020
Nemmeno l’anno dell’esplosione della pandemia da Covid, ha fermato il movimento delle B Corp: il 2020 è stato quello con il più alto numero di certificazioni della storia del nostro Paese, con 28 aziende che l’hanno ottenuta. E nel 2021 se ne stanno unendo molte altre fra le quali Florim, ACBC e pochi giorni fa, Illy, che sono entrate nel movimento di cui fanno parte anche Chiesi, Danone, Aboca, Save The Duck, Davines, Reda, Lombard Odier. «È un insieme molto eterogeneo – spiega ancora Ezechieli – che spazia dai servizi alla produzione, dall’alimentare alla meccanica o al tessile. Sono tutte eccellenze italiane e al momento c’è una forte concentrazione al centro-nord, ma sta crescendo l’interesse anche al sud che è pieno di aziende dalla grande potenzialità». «In generale – conclude Di Cesare – l’Italia è un Paese con altissimo “potenziale B”: siamo all’inizio di un viaggio, sono 121 “centri di ricerca” e l’aspetto più straordinario è che insieme rappresentano un laboratorio straordinario: centinaia di realtà si stanno mettendo in discussione, investendo sul proprio futuro per migliorare se stesse, la società e l’ambiente».
[Corriere della sera 21.04.2021]