Le imprese non possono più ignorare che i consumatori, attraverso scelte di consumo “etiche”, consapevoli e mirate, sono in grado di interferire sul loro business, e sul loro successo. Il modello B Corp/Società Benefit intercetta questa nuova esigenza e consente alle imprese di godere di uno status di “azienda che pratica la sostenibilità” e acquisire dunque un potenziale attrattivo maggiore rispetto alle concorrenti. L’impresa in questo modo si fa portatrice di un cambiamento (sociale, ambientale, culturale) al quale il consumatore (o un’altra azienda) concorre acquistando prodotti e servizi.

1. Consumatore e imprese uniti da una nuova consapevolezza

L’impresa non è più soltanto un agente economico ma si fa anche promotrice di un cambiamento sociale, culturale e ambientale connesso con la sua comunità. Oggi, non stupisce leggere come diverse ricerche evidenzino come il mondo delle imprese sia considerato responsabile del miglioramento della vita dei cittadini in misura molto simile a quello dei governi.

Negli ultimi anni, le tematiche legate a questioni di tipo sociale e ambientale hanno catalizzato l’attenzione dell’opinione pubblica: il consumatore medio è preoccupato e spesso ha a cuore temi quali la protezione della biosfera, il commercio equo e l’eguaglianza sociale tende a premiare le aziende sensibili a queste materie.

Nell’epoca della globalizzazione e del libero scambio, inoltre, il consumatore è diventato sempre più cosciente della sua capacità di influire sulle politiche aziendali ed orientare la strategia d’impresa. È proprio la consapevolezza d’acquisto – che consiste nello scegliere l’azienda con la quale instaurare un rapporto economico in maniera accurata, dopo aver raccolto informazioni e verificato che i valori dell’azienda siano in linea con i propri – a costituire un elemento sempre più centrale nell’indirizzo delle scelte dei consumatori e, parallelamente, delle aziende. In modo similare, un meccanismo analogo – seppur di minor portata – sembra affermarsi anche per il mercato del lavoro: sempre più spesso chi è alla ricerca di occupazione, se ne ha la possibilità, tende a prediligere le aziende più attenta alla pratica quotidiane di impatto positivo.

D’altro canto, le imprese, a partire dagli anni ’80 (a seguito anche alle iniziative pubbliche di boicottaggio contro le grandi multinazionali) si sono rese conto che i consumatori con le loro scelte di acquisto hanno la possibilità di far salire o scendere i profitti delle aziende e che dunque, per evitare danni di immagine e/o ampliare le proprie opportunità di business, è necessario tenere in considerazione i principi etici che orientano i consumi.

L’impresa si orienta verso scelte più sostenibili non solo a seguito del cambiamento nei consumi ma anche di un cambiamento culturale. Si sviluppa infatti una nuova interpretazione del ruolo dell’impresa, non più vista (e vissuta) unicamente come agente economico, ma anche come attore di un cambiamento sociale, ambientale, culturale.

Una delle esperienze più innovative e significative di questo cambiamento è il movimento B Corp.

2. Il movimento delle B Corp

Sulla spinta dei cambiamenti sociali ed economici e di una nuova consapevolezza anche nel mondo delle aziende, nel 2006 negli Stati Uniti nasce – con l’ambizioso obiettivo di promuovere imprese in grado di affrontare le esigenze e le sfide della società – il movimento delle B Corp. In particolare, questo movimento composto da aziende e imprese di tutto il mondo nasce ricercando la definizione di un nuovo paradigma di business, capace aiutando le imprese a misurare l’impatto complessivo generato da una determinata azienda nei confronti della collettività, locale e non solo.

A questo fine è stato promosso e messo a disposizione online, gratuitamente, un apposito strumento di misurazione: il BIA (Benefit Impact Assesment), che permette di misurare a 360° quanto un’azienda “consumi” o “produca” valore non economico o finanziario. L’autovalutazione dell’impatto complessivo – economico e non – generato da una singola impresa è realizzata attraverso un questionario complesso e molto dettagliato, elaborato e gestito dall’organizzazione non profit B-Lab, suddiviso in cinque ambiti: governance (missione e impegno, etica e trasparenza), lavoratori (sicurezza finanziaria, salute, benessere, sicurezza, sviluppo della carriera, coinvolgimento e soddisfazione), comunità (diversità, equità, inclusione, impatto economico, impegno civico e donazioni), ambiente (gestione ambientale, aria e clima, acqua, terra e vita) e cliente (privacy, gestione dei clienti, customer satisfation,…).

In base a specifiche caratteristiche organizzative e funzionali (es. settore di operazione, dimensioni, fatturato, composizione societaria…), ciascuna azienda deve rispondere – per ciascun ambito – a una serie di domande che permettono – attraverso un sistema di punteggio calcolato in base alle risposte fornite – di misurare l’impatto complessivo dell’azienda su una scala da 0 a 200 punti. Le B Corp sono imprese che nel BIA hanno raggiunto almeno 80 punti e hanno affrontato un percorso di audit esterno con B Lab, ottenendo in tal modo una certificazione.

La certificazione B Corp fa riferimento all’azienda e non al prodotto/servizio, non ha valore legale e prevede un rinnovo ogni tre anni senza vincolo di impegno. Fornisce inoltre alle aziende la possibilità di mettersi in competizione al fine non di essere “le migliori al mondo”, bensì di essere “le migliori per il mondo” – venendo dunque valutate non tanto per il successo economico, quanto per l’impatto positivo che sono in grado di generare per una molteplicità di soggetti.

Questo nuovo modo di fare impresa supera la dicotomia tra “for profit” e “non profit”, adottando un modello di business ibrido che crea un impatto positivo su persone e ambiente, mentre genera profitto. Lo scopo non è più solo massimizzare il guadagno degli shareholders, ma anche massimizzare il beneficio di tutti i portatori di interesse (stakeholders); se prima l’impresa si sentiva responsabile unicamente nei confronti degli azionisti e aveva come unico vincolo esterno le leggi, oggi si trova ad operare in un contesto caratterizzato da una molteplicità di interlocutori che possono interferire su di essa, e di cui deve tener conto: dipendenti, comunità e filiera in cui opera, biosfera, destinatari finali dei servizi.

3. Il riconoscimento giuridico delle aziende “a impatto positivo”

Il movimento B Corp non si occupa soltanto di valutare e certificare le imprese che generano un impatto positivo ma nel tempo ha introdotto, attraverso azioni di lobby, proposte legislative per il riconoscimento giuridico delle B Corp.

Il primo Stato a riconoscere formalmente le B Corp, introducendo una forma giuridica specifica, è stato il Maryland: dal 2010 il suo ordinamento prevede una nuova forma giuridica per le imprese, denominata Benefit Corporation. L’Italia è stato il primo Paese sovrano al mondo a garantire riconoscimento specifico per le imprese “a impatto positivo”: la legge di stabilità 2016 n. 208/2015, art.1, ha infatti introdotto nel nostro ordinamento – sul modello delle Benefit Corporation – le Società Benefit.

Il legislatore ha dunque scelto di promuovere la costituzione e la diffusione di società che perseguono contemporaneamente sia l’obiettivo del profitto e della distribuzione dei dividendi agli azionisti, sia la volontà di generare un impatto positivo sulla società e sul pianeta, senza che ciò comporti la violazione dell’obbligo statutario e giuridico di perseguire lo scopo di lucro. Dunque, mentre le B Corp sono imprese che hanno ottenuto una certificazione a seguito del superamento di una soglia di punteggio in uno specifico standard di valutazione (il BIA), le Società Benefit sono invece imprese che assumono una particolare forma giuridica e che si impegnano a misurare ogni anno il proprio impatto attraverso uno standard di valutazione esterno e terzo (non per forza il BIA).

Le Società Benefit si basano sul perseguimento paritetico dell’interesse dei soci e degli stakeholders: non rappresentano quindi una tipologia societaria alternativa alle “for profit” e “non profit” o un’evoluzione del “non profit”, ma un cambio di paradigma rispetto ai modelli dominanti di impresa a scopo di lucro. Tutte le tipologie di società di persone o capitali possono dunque costituirsi o acquisire la “qualifica” di Società Benefit mediante l’introduzione nell’oggetto sociale delle finalità specifiche di beneficio comune che intende perseguire. Per beneficio comune si intende “il perseguimento, nell’esercizio dell’attività economica, di uno o più effetti positivi, o la riduzione degli effetti negativi”.

Le Società Benefit sono tenute a redigere annualmente una rendicontazione – denominata Relazione di Impatto – da allegare al bilancio e pubblicare sul sito aziendale. In tal modo le imprese sono inserite in una cornice di accountability: devono cioè rendere conto, con trasparenza, del loro operato non solo agli azionisti ma anche alla collettività nel suo complesso. Per questo la normativa prevede che nella relazione – oltre alla valutazione dell’impatto – siano descritti obiettivi specifici e le azioni attuate per raggiungerli, così come i nuovi obiettivi che la società intende perseguire nell’esercizio successivo.

4. Una scelta strategica e responsabile

La tendenza della maggioranza dei consumatori a spendere di più per acquistare un prodotto/servizio fornito da un’azienda che adotta delle politiche di sostenibilità è sempre più evidente. A livello globale le vendite di beni di consumo caratterizzati da un impegno per la sostenibilità sono cresciute quattro volte tanto quelle senza: investire nei valori genera dunque valore economico, tanto che le aziende “non impegnate” in ambito sociale o ambientale rischiano per questo di perdere quote di mercato. Di contro, l’impresa che si occupa invece di prendere in considerazione le esigenze degli stakeholders e migliorare il benessere dei lavoratori e delle comunità nelle quali opera accresce il suo potenziale attrattivo.

L’ottenimento della certificazione “B Corp”, o la trasformazione della propria azienda in Società Benefit (attività che spesso sono perseguite congiuntamente), si possono dunque rivelare scelte strategiche: l’adozione (e la comunicazione) di un approccio sostenibile influisce sulla reputazione dell’azienda e contribuisce a consolidare i legami di fiducia con i consumatori.

Il ritorno economico non può e non deve essere la ragione principale di tale scelta. L’azienda che sceglie di intraprendere questo percorso ha una propria mission e promuove attivamente il proprio ruolo di attore della sostenibilità: per conquistare la fiducia dei consumatori deve dunque dimostrare che il suo interesse per i problemi sociali è autentico, concreto, e non costruito a scopo di lucro.

Le aziende si trasformano in Società Benefit o intraprendono il percorso di certificazione B Corp perché credono che queste forme le rappresentino in maniera più adeguata: la certificazione o la modifica dello statuto nella maggior parte dei casi non sono infatti delle “rivoluzioni” che stravolgono il modo di essere e fare impresa tipico dell’azienda, quanto più uno strumento che permette a questo “modo” di essere organizzato, valutato e premiato, e di avere una identità riconoscibile.

Diventa necessario per l’impresa identificare e manifestare la propria identità, mettendo a punto i valori e la mission che la caratterizzano e focalizzando la questione sociale su cui intende agire e che si auspica di sanare.

Un’azienda che resta coerente e agisce in coerenza ai suoi valori risulta credibile agli occhi dei consumatori e perciò viene premiata. Le persone solitamente sono più propense ad acquistare se si fidano dall’azienda e se sentono di contribuire, anche solo in minima parte, a risolvere i problemi più urgenti del mondo.

Generalmente, in questo nuovo modo di fare impresa l’aspetto economico è tutt’altro che secondario: la sostenibilità ambientale comporta vantaggi a livello economico e allo stesso tempo le imprese sfruttano il potere del business per creare valore oltre che all’interno dell’organizzazione, rispetto agli azionisti, anche all’esterno, rispetto alla collettività.

Proprio perché fonda il proprio business su un modello più radicato sul territorio e sulla fiducia delle persone, il modello B Corp/SB ha dimostrato nei momenti di crisi economica una particolare resilienza.

Attualmente si contano circa 4000 B Corp nel mondo di cui 120 in Italia; 1000 sono invece le Società Benefit operanti nel nostro Paese. Questi numeri sono destinati a crescere in quanto non è più possibile dissociare la crescita economica da quella sociale, umana e dalla tutela dell’ambiente: i problemi più impegnativi per la società non possono più essere risolti solo dai governi e dalle organizzazioni non profit.  Le imprese – competendo tra loro per essere le “Migliori per il Mondo” – possono fornire il proprio apporto nella risoluzione di questioni sociali centrali nel dibattito pubblico.

[filodiritto.com 01.07.2021]